“Boss in incognito”: un product placement raffinato.

Abbiamo parlato spesso del product placement (ad esempio, qui), anche in chiave evolutiva (ad esempio, qui). E’ un argomento attuale e molto stuzzicante.

Ce lo siamo detti più volte: lo scenario della comunicazione cambia. Nuovi sono i fattori di difficoltà con cui si ha a che fare e nuove sono le strade da percorrere.

Con il product placement (con i casi più “potenti”), ci si pone l’obiettivo di rivestire il brand di emozioni, attraverso il racconto. Una tendenza chiara, negli ultimi anni, è di dare massimo protagonismo ai brand proposti in placement, che divengono, così, il perno (sempre con la necessaria “discrezione”) delle storie che vengono narrate.

Si pensi, in tal senso, a Peroni con il bel programma “Unti e Bisunti, oppure a un altro bel format, di cui parliamo oggi: Boss in Incognito.
Non so se l’avete visto (Rai 2). Ve lo consiglio. E’ molto carino.

In cosa consiste?

Semplice: si prende il titolare o massimo dirigente di un’azienda e per una settimana lo si camuffa e lo si porta sotto mentite spoglie fra i suoi dipendenti, sul campo, “a sporcarsi le mani”.

Ogni giorno “il Boss” è chiamato a ricoprire un ruolo diverso e in questo percorso gli viene affidato ogni giorno un tutor diverso (un suo dipendente), che ha il compito di mostrargli i fondamenti del suo mestiere e di metterlo alla prova, consentendogli, sotto la sua guida, di svolgere gli stessi compiti, anche bacchettandolo, se è il caso.

Agli ignari (sarà vero?) dipendenti coinvolti in questa sorta di esperimento viene detto che il tutto viene svolto per realizzare un documentario sul lavoro in Italia.

Al termine della settimana di lavoro sul campo, il boss torna nei panni del boss e fa convocare i suoi “tutor” con stretta urgenza. Chiaramente, a questi (sempre, da copione) non viene rivelato il motivo della convocazione presso i piani alti dell’azienda.

Una volta arrivati a destinazione, si troveranno di fronte al loro capo, questa volta tornato a vestire “divisa e gradi” di sorta.

A questo punto, il bravo, buono, onesto e magnanimo boss (così, evidentemente, deve venirne fuori…) spiega le motivazioni del suo viaggio fra le prime linee e, con tanto di inevitabile lacrima sul viso, bacchetta (quasi mai e comunque sempre in modo “morbido e comprensivo”…) o (più frequentemente) premia quelli che a quel punto diventano degli eletti e dei protetti, ai quali vengono concessi, a seconda dei casi, scatti di carriera, gratifiche di vario tipo, donazioni, “ricchi premi e cotillon”…

Guarda caso, si tratta sempre di dipendenti eccezionali (che amano l’azienda, che la rispettano profondamente, che svolgono il loro compito nel migliore dei modi), o comunque con potenziale (anche se commettono qualche sbaglio li si può perdonare e aiutare a migliorare, no?) e, quasi sempre, con storie di vita e contesti familiari particolari, struggenti, da lacrima.

Il tutto, favorisce la chiusura ottimale del cerchio, con il boss che corre in soccorso, aiuta, sorregge, gratifica, cambia la vita

Qua e là, nel corso delle varie scene, ecco venir fuori il nome dell’azienda e/o dei suoi brand. Sempre in modo discreto, ma chiaro, come il decalogo del perfetto product placement vuole. In sostanza: alla fine deve essere chiaro a tutti di chi parliamo, ma la cosa non deve essere troppo ostentata, “promozionale”.

Alla fine il messaggio, però, arriva, forte e chiaro!

Qual è il messaggio? Cosa deve emergere?

1) che l’azienda è umana, sensibile, attenta;

2) che in quell’azienda tutti danno tutto, ci mettono l’anima e lo fanno “per la maglia”, per i clienti, per la collettività di cui fanno parte;

3) che i prodotti o servizi che vengono realizzati da quell’azienda sono il top, proprio perchè frutto di amore, passione, attenzione, impegno massimo, a tutti i livelli.

Non ho elementi certi, ma, essendo alta la posta in gioco, è presumibile che tutto sia frutto di attenta pianificazione. Ogni tassello al posto giusto; non potrebbe essere altrimenti.

Così, protagonisti, comparse, “trame”, momenti della verità, tutto sarà probabilmente oggetto di contrattazione e co-creazione fra produttori del programma e aziende di volta in volta coinvolte, con queste ultime che di certo a tal fine stanzieranno anche un cospicuo budget.

Del resto, quale migliore vetrina di una prima serata con tanto di racconti strappalacrime?

Date un’occhiata al programma, magari, e fatemi sapere cosa ne pensate!

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Un commento

  1. Stavo cercando proprio questo articolo! (Partendo dal presupposto che io adoro questo programma) Ho conosciuto questo programma “girovagando” per i vari canali della televisione, fino ad arrivare su “Real Time” dove mia mamma mi disse “Fermo”! Guarda questo programma, è stupendo!” Allora quando ho visto la “mia prima” puntata, me ne sono subito “innamorato”. Questo Boss che va “di nascosto” a cercare di capire (in senso materiale) come si lavora nella propria azienda e cercando di conoscere le persone che lavorano “per lui” e le loro affinità – capacità – comportamenti – “Gran Bel Programma”. La parte più bella è sempre quella finale dove l’imprenditore/l’amministratore delegato richiama in “Base” le persone che ha conosciuto e gli dà dei “Benefici” e poi quando fa vedere nel “Maxi schermo” tutte le “Cazzate” che ha combinato nella settimana davanti agli operai. Perché volevo commentare questo Post? Perché prima delle “Lezioni” di Marketing non mi ero mai posto il problema.. “Perché l’azienda fa questo programma?”, “Perché gli amministratori delegati dovrebbero andare a lavorare insieme agli operai quella settimana?”, “Perché danno dei benefici agli operai?”. Da quando il professore ha parlato in classe, in versione “Marketing” ovvero del lato nascosto di questo programma, mi sto facendo un sacco di “paranoie”. Prima delle lezioni, molte domande non me le sarei mai poste! Adesso almeno noto, il lato “nascosto”, di molte cose. Prima da persone e consumatore normale, avevo molte “bende sugli occhi” ovvero non riuscivo a vedere certi aspetti di aziende e dei prodotti. (Anzi non mi ponevo neanche il problema).

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