Moda, lusso e … seconda mano: ma chi l’avrebbe mai detto? Quando si fa di necessità virtù.

La moda di fascia alta (quella del lusso, del sogno e, spesso, dell’ostentazione, della vanità) scopre le potenzialità del “seconda mano”.

Parliamo, quindi, della vendita di capi usati.

Ma sta in piedi questa cosa? E’ corretta, tecnicamente parlando? E’ il caso che un brand “altissimo” promuova la (ri)circolazione dei propri capi usati?

Come sempre, tutto dipende da come si imbastiscono determinate operazioni.

Da come si propongono e difendono scelte che fino a solo qualche anno fa sarebbero state giudicate folli.

Ma i tempi cambiano, i mercati evolvono e lo scenario che si pone davanti alle imprese richiede scelte a volte drastiche e a volte anche in parte contraddittorie, o apparentemente tali.

L’ottimo Pambianco ci propone l’ultimo caso emblematico in tal senso.

Parliamo di un leader di stile assoluto come Gucci, che ha stretto una partnership con la piattaforma TheRealReal, specializzata appunto nella vendita di articoli di alta moda usati.

Per inciso e per far capire che non parliamo di una partnership “buttata lì”, The RealReal, fondata a San Francisco nel 2011 e quotato a Wall Street dal 2019:
– conta ben 9 milioni di utenti
– più di 8 milioni di prodotti venduti all’anno
– un giro d’affari di circa 500 milioni di dollari

L’accordo (simile a quelli stretti in precedenza con Stella McCartneyBurberry) prevede la creazione sulla piattaforma di uno spazio di vendita ad hoc per gli articoli firmati Gucci.

Questa sorta di “shop in shop” è a disposizione sia dell’azienda che dei suoi apostoli e fan, con la possibilità, anche per loro, di “rimettere in circolo” i propri capi e accessori.

Perché è un’operazione interessante?

Basta analizzarne le motivazioni di fondo:

– la domanda di capi di lusso usati è forte e non transitoria. I dati sembrano parlare in modo chiaro

– Gucci è uno dei brand più richiesti nel circuito del “seconda mano”

Gucci tiene benissimo il mercato, tant’é che il valore di rivendita dei suoi capi usati è di 2,3 volte superiore alla media di tutti i marchi venduti su The RealReal

– le nuove generazioni di consumatori fashion-addicted sono più “libere e disimpegnate” e vedono il seconda mano come un’opzione come le altre, al pari del noleggio dei capi, anche abbinato a formule in abbonamento

– la pandemia ha di certo fatto crescere l’interesse non solo verso il digitale, ma anche verso formule nuove di accesso ai prodotti, in tutta una serie di comparti. E la moda non è esclusa

Del resto, quando si parla di seconda mano si parla a tutti gli effetti di uno spaccato della sharing economy o di qualcosa di molto contiguo.

Così come è sdoganato il concetto di “accedere” a un’auto mediante il car pooling o il car sharing, lo è anche il concetto di acquistare un capo usato.

Da questo punto di vista, l’evoluzione della società e dei suoi valori di fondo fa davvero tanto.

“Ora, se le cose stanno così”, avrà pensato Gucci, “ma perché non presidiare da vicino, in modo più diretto questo ulteriore circuito di mercato?

Del resto, se lo presidi è meglio, no?

A quel punto, quella del seconda mano diventa un’operazione perfettamente inserita nel tuo marketing-mix. Un’arma in più.

Ma c’é di più, da questo punto di vista.

Già, perchè un’operazione del genere diventa anche un modo sagace, smart, brillante, concreto di dare corpo a quella “circolarità” di cui tanto di parla.

Fonte: www.recyclingpoint.info

Fonte: www.recyclingpoint.info

Come oramai tutti sanno, circolarità fa (concettualmente) rima con rigenerazione, con attenzione all’ambiente e alle sue risorse.

In poche parole, invece di far morire oggetti usati, gli si dà una nuova vita, o comunque una nuova possibilità, senza creare rifiuti.

Tutto questo non può che far bene al brand, che si riveste di quell’immagine green di cui oggi davvero nessuno può fare più a meno, che lo voglia o no…

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