Cucinelli: quando l’orientamento al prodotto paga, “in modo garbato”.

In aula tendo sempre a evidenziare quanto possa essere utile oggi il marketing. Ah, è chiaro “ogni scarrafone è bello a mamma sua”

Al di là degli scherzi, appare evidente che il marketing da un lato stia cambiando pelle (e molto dovrà ancora farlo), dall’altro sia potenzialmente sempre più utile, al cospetto di mercati portatori di un’estrema complessità, che va capita e tradotta in opportunità.

Non è un caso che molte Pmi si stiano aprendo a concetti finora sconosciuti, in particolare come l’analisi dei mercati e la gestione del brand, oltre che, chiaramente, la penetrazione internazionale.


In tutto questo, gli orientamenti manageriali alternativi al marketing (alla produzione, al prodotto, alle vendite) sembrano segnare il passo, inesorabilmente.

E’ tendenzialmente vero, ma non sempre. Ecco, su questo bisogna adottare una logica contestuale.

Soffermiamoci sull’orientamento al prodotto, che consiste nel puntare tutto (risorse, tempo, attenzioni, sacrifici) sull’innovazione, declinabile anche come creatività, design, ricercatezza; insomma, caratteristiche intrinseche del prodotto, visibili. La logica è: “se riesco ad essere più bravo degli altri sul prodotto, il consumatore mi premierà, seguendomi”.

Beh, a volte quest’approccio porta all’autoreferenzialità, ad essere scollegati dal mercato, a perdere sintonia con il consumatore. E’ così, ma non sempre.

E così arriviamo al caso Brunello Cucinelli, imprenditore etico, sanguigno, caparbio e passionale. “Mi sento il custode dell’azienda”. Questa è una delle sue affermazioni più ricorrenti, che lascia intendere bene come concepisca il suo ruolo di imprenditore.

Cantina Cucinelli
Un imprenditore etico, dicevo. Sì, perchè, ad esempio, ha investito nel suo paese d’origine, Solomeo, in Umbria, dove è localizzata l’azienda (un’azienda volutamente made in Italy, sebbene proiettata sui mercati internazionali, per scelta e per natura stessa del prodotto) e dove ha deciso di investire anche a beneficio della collettività, mettendo a nuovo alcuni spazi di vita comune (es: anfiteatro).

Inoltre, il buon Brunello è noto ai più perchè crede fortissimamente in quelle che ama chiamare “umane risorse“, a cui redistribuisce periodicamente quote dell’extra-profitto, sotto forma di benefit, e che cerca di mettere a proprio agio (dal clima interno agli spazi aziendali, concepiti per essere accoglienti e “familiari”), riconoscendone il ruolo centrale rispetto alla competitività dell’impresa.

Ecco, questo è il punto: in tutti i suoi speech in pubblico, Cucinelli risulta quasi ossessionato dall’attenzione alla qualità, dalla creatività, dalla sapienza artigiana. Il suo approccio consiste nel mettere le persone in condizione di esprimersi al meglio, per esaltarne le doti creative e la manualità artigiana. Non parla, infatti, in riferimento ai suoi prodotti, di semplici capi di abbigliamento, bensì di “manufatti”, di creazioni speciali.

Cucinelli riesce a imporre il suo stile sul mercato, senza fare apparentemente nulla di particolare (secondo le stesse parole dell’imprenditore), se non curare con attenzione maniacale e appassionata prodotto, materie prime, processi e persone. “Il resto – afferma il buon Brunello, riferendosi a comunicazione e distribuzione” – viene da sé; sono scelte normali”. Tradotto: la distribuzione non può che essere attenta e esclusiva; la comunicazione raffinata e discreta.

E il prezzo? Non è una leva di marketing in questo caso, ma una “conseguenza” natuale degli sforzi fatti, nella consapevolezza che dovrà consentire in primis di ripagare adeguatamente chi lavora sul prodotto.

Questo è un caso pulito di orientamento al prodotto, esaltato nella sua centralità, quasi sacrale.

Vi invito a gustarvi il video che riporto di seguito, dove oltre a quanto dice Cucinelli vi sono diversi altri interessanti spunti di marketing:

– IBM: presenza non casuale… Caso evidente di Publicity… La presenza in studio di IBM è chiaramente orientata a comunicare il nuovo posizionamento competitivo inseguito dall’azienda, alla ricerca di una nuova identità, in una difficile ripresa dallo shock del passaggio alla nuova economia digitale (se vogliamo, IBM è il modello tipico di impresa 1.0…);

– crisi e sistema economico: si parla di ripresa selettiva del nostro sistema, che non può continuare a intestardirsi su settori e posizionamenti dove non c’è più vantaggio competitivo. Proprio Cucinelli parla di imprese che ad un certo punto avrebbero dovuto avere il coraggio, a suo avviso, di chiudere, perchè incapaci di cambiare pelle. E’ quel processo di selezione naturale nel nuovo eco-sistema produttivo, che purtroppo troppi nostri analisti, esperti d’opinione, imprenditori e politici non hanno capito o non hanno voluto capire. Ilva docet…

– imitazione e made in Italy: l’imitazione dei nostri prodotti può essere anche un bene… Lo dice Francesco Morace e la quasi-provocazione è interessante… “Se ci imitano, è perché siamo superiori”; questo è il concetto. Ora, fermo restando che la tutela giuridica dei marchi è fondamentale e necessaria, il processo imitativo diventa meno preoccupante se le nostre imprese dimostrano capacità di evoluzione dinamica, con la conseguenza che possono anche imitarti un capo o una linea, ma il vantaggio competitivo rimane a te ed è difendibile. Tradotto: tu rimani leader e loro sono sempre più follower…

– lusso assoluto e lusso accessibile: emerge questa differenziazione. Il lusso assoluto è quello dell’esclusività, dei capi unici, della ricerca del dettaglio artistico; anzi, a tutti gli effetti, siamo nel campo dell’arte, con tutte le conseguenze sul marketing, che può e deve solo svelare, non preordinare… Il lusso accessibile avvicina il capo moda a qualsiasi altro prodotto, che, in quanto tale, ha bisogno di marketing. Poi è chiaro che il marketing stia evolvendo e che sia sempre meno top-down e sempre più bottom-up, in particolaere grazie ai social network e al 2.0;

– i dati servono, possono servire, ma… le tecniche di analisi del mercato stanno cambiando, andando inevitabilmente verso una dimensione più qualitativa e dinamica, ma, se vogliamo, progressivamente sfumando, nell’ambito di rapporti fra imprese e consumatori che saranno più interattivi e dialoganti, orientati a co-creare scenari, soluzioni, idee.

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