“Call center? Aiuto!”
Alzi la mano chi non l’ha mai pensato!
Gran bella scocciatura, diciamolo.
Con i call center in entrata (gli “inbound“) nella maggior parte dei casi fai fatica a parlare. Una vera e propria chimera.
I call center inbound sono potenzialmente importantissimi. Per questo, dovrebbero essere interni. O almeno fortemente presidiati.
Dovrebbero sapere “tutto quello che conta”, per poter assicurare risposte tempestive, accurate e risolutive.
Possibilmente con cortesia e con cura, recitando in modo consapevole il ruolo di “interfaccia speciale” con il cliente.
In quel momento, per il cliente il call center è l’impresa. C’é poco da fare. Si chiamano non a caso “momenti della verità”.
Per raggiungere questo obiettivo, però, bisogna investire, bisogna spendere.
Il che significa, per molte imprese, sostenere fastidiosissimi costi più che investire in qualità, in passaparola positivo, in fidelizzazione.
Risultato? Gioco al ribasso, di quello nudo e crudo, che comporta:
🔴 esternalizzare il servizio;
🔴 affidarlo a chi costa meno, in giro per il mondo;
🔴 rendere comunque difficilissimo per il cliente arrivare a parlare con qualcuno. Della serie: “se lo faccio desistere è meglio…”
E allora ecco siti labirintici, una sfilza di faq e l’immancabile bot, che più scemo non si può.
Per carità, oggi come oggi il call center può essere sostituito da altre forme di customer care (la classica chat, ma che funzioni bene). O può rappresentare un ultimo livello di assistenza, se proprio dovesse servire.
Alla Amazon, per capirci. Ma questo va bene. Ci sta di prevedere un insieme di punti di contatto e una gerarchia fra touchpoint.
Quello che conta è il risultato, in termini di soddisfazione del cliente.
Ok, ma lasciamo stare l’inbound. Vogliamo parlare dei call center outbound?
Quelli del telemarketing, per capirci. Quelli che ti chiamano negli orari più improbabili, da numeri sempre diversi? Quelli a cui il famigerato Registro delle Opposizioni fa più o meno un baffo?
Già, quelli sono ancora peggio. Molto peggio.
“Pronto, Sig. Pinco Pallo? Mi chiamo XYZ, buongiorno. Non voglio venderle niente, eh! Volevo solo dirle che i costi dell’energia stanno salendo, lo sa?”
Avete presente, no?
Atroce. Ritorno di queste iniziative? Zero, anzi, -1 se ci mettiamo il danno di immagine procurato al brand.
Eppure ci sono ancora imprese che credono possa funzionare.
Ricordo benissimo la frase del responsabile commerciale di un colosso dell’enery&gas, a cui stavo facendo formazione:
“Ma sì, a noi basta martellare negli orari giusti e sui segmenti giusti, come anziani e immigrati, e il gioco è fatto!”
Capito il livello? Dove porta un approccio di mercato di questo tipo?
Per fortuna, il consumatore ha sviluppato gli anticorpi ed è portato ad accettare sempre di meno atteggiamenti di questo tipo.
Inoltre, nel mercato si respira anche una sanissima ventata di aria fresca, grazie a player che non hanno solo un “vestito digitale” ma anche un approccio completamente diverso.
Un approccio più veloce, trasparente, orientato al servizio.
Un approccio che non vuole “creare ostaggi”, ma che, al contrario, vuole “liberarli”.
Uno di questi (rimanendo sull’energy&gas) è di certo NeN Energia, spin-off di A2A.
Quelli come NeN dimostrano che c’é un modo diverso di fare le cose. E che si può essere disruptive anche nei comparti più polverosi e tradizionalisti.
Quali i punti forti di NeN?
❇️Parla semplice;
❇️Parla come te o come avresti sempre desiderato si facesse con te;
❇️Rende interessanti anche temi di solito noiosi;
❇️Ti rende autonomo senza chiederti nessun sacrificio, grazie a un’ecosistema digitale (con al centro l’App) perfettamente centrato sull’utente, super friendly;
❇️Ti semplifica la vita. Con rate costanti, da aggiornare di anno in anno (se vuoi rimanere), in base a quanto consumi e alle condizioni di mercato. E con la possibilità di sapere sempre quali sono le carte sul tavolo. Senza trucchi e senza inganni.
Il commerciale aggressivo non serve. Fanno tutto il passaparola e il social media marketing, con le campagne di adv targettizzate, che hanno lo scopo di incuriosire, non di buttare il fumo negli occhi.
E la customer care?
Da “impiccio da risolvere” diventa un processo fluido, quotidiano, incorporato in una comunicazione delicata, efficace e di prossimità, in chiave relazionale.
Tanta roba. Il futuro è decisamente qui.