Deliveroo? Un ristorante virtuale diffuso.

Deliveroo, sempre più un ristorante virtuale diffuso.

In effetti, è davvero interessante la strategia che questo player sta attuando nel florido mercato del food delivery, di cui è sempre più parte attiva.

O meglio, proattiva.

Sì, perché si accontenta sempre meno di fare da semplice tramite fra il mondo della ristorazione “tradizionale” e la clientela – smart – della consegna di cibo a domicilio.

Da questo punto di vista, il modello non è quello dei Glovo, ma nemmeno più di tanto quello dei JustEat.

E quindi, chi è il riferimento principale dal punto di vista strategico?
Non si direbbe, ma è Airbnb.

E perchè mai?

Perché è Deliveroo a “fare mercato”, decidendo cosa può interessare di più alla clientela. In termini di pietanze e di formule.

Non a caso, nella sua home Deliveroo richiama la nostra attenzione sui piatti che possono farci gola (focus sulla gamma). Al contrario, JustEat punta sui “nostri ristoranti preferiti” in città (focus sull’intermediazione).

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just eatTradotto: Deliveroo non si limita a fare da tramite fra ristoranti e clientela finale. Il suo lavoro inizia dal prodotto.
Esattamente come per Airbnb, che si preoccupa in primis della gamma delle soluzioni (anche molto particolari) da proporre al mercato.

E’ per questo che abbiamo definito tante volte Airbnb “la più grande struttura ricettiva diffusa al mondo“.

Tutto questo in cosa si traduce per Deliveroo?

Non limitarsi alle “ghost” o “dark kitchen” (laboratori produttivi “nascosti” a supporto della consegna rapida), ma spingere molto molto anche sui “virtual brand”.

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Di cosa si tratta?

Di un format nuovo, dove Deliveroo propone ai suoi ristoranti-fornitori (sui clienti, in realtà) di lanciare brand nuovi, per cimentarsi in proposte di menù anche completamente diverse da quelle storiche.

Menù rispetto a cui Deliveroo offre tutto il suo supporto di market intelligence per mettere a punto ciò che può funzionare di più sul mercato.

E’ l’inteligenza artificiale a suggerire che cosa può andare di più, quindi si va quasi “a colpo sicuro”.

Risultato?

I ristoranti-partner sono ingolositi da opportunità aggiuntive di mercato, “validate” e supportate da Deliveroo, che fa da “garante”.
Ma qui il colpo grosso lo fa proprio Deliveroo, che, appunto come Airbnb nel ricettivo, diventa di fatto, un “contenitore” sempre più ricco e interessante per il mercato.
Per capirci: alla fine è il valore della gamma Deliveroo a crescere e, con esso, il valore del brand.

Detto questo, non è tutt’oro ciò che luccica:
✅ modelli come questo scaricano sempre su qualcuno (il tema dei rider è caldissimo) le proprie ambizioni di crescita veloce;
✅ e comunque non generano utili “come se niente fosse”, scommettendo più che altro sull’iper-valutazione da parte del mercato.

Non a caso, la stessa Deliveroo si è aggrappata a una sostanziosa iniezione di capitale da parte di Amazon. Uno non proprio disinteressato al fenomeno, del resto.

Va però seguito lo scenario complessivo, che ci parla di logiche completamente nuove nella creazione di valore.

E anche di squilibri e storture generati da questa chiacchieratissima sharing economy, che di “sharing” in molti casi ha ben poco.
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