Marketing universitario: capiamo cosa è realmente.

Da anni si sente parlare di Marketing dell’Università e di crescente attenzione, da parte degli Atenei, verso il raggiungimento di sempre più elevate soglie di soddisfazione da parte della propria “clientela”. Parallelamente, sono spuntati come funghi sedi e corsi universitari…

Si è quindi concordi, nel mondo accademico, almeno a parole, nel ritenere che si debba cominciare a “tarare” l’offerta formativa ed il resto del “prodotto universitario” concependo l’Università come un vero e proprio “soggetto d’offerta”, ancorché inserito in “sistemi” più ampi e con una chiara mission sociale.

Sono nate, così, anche in Italia (lentissima da questo punto di vista…), le prime iniziative di marketing universitario, che, però, sono spesso ancora lontane dall’essere frutto di articolati e chiari “progetti”, che partano da ponderate scelte di targeting e di posizionamento.

Così, di solito tutto si riduce a qualche campagna comunicazionale (che, per carità, è già qualcosa), senza toccare l’essenza del valore che bisogna veicolare alla “clientela universitaria”.

In tal senso, bisogna assolutamente partire da una serie di presupposti:

– i target di clientela possono essere molteplici (es: studenti lavoratori, stranieri, professionisti alla ricerca di formazione mirata, ecc);

– si va all’Università non solo per studiare, ma anche per vivere esperienze che “trasformino” la persona, rendendola, alla fine del “percorso”, migliore (più colta, più determinata, più pragmatica, ecc);

– l’Università va “vissuta”, quindi bisogna abbattere molte canoniche “barriere“, come le “distanze” fra studenti e corpo docente o i terribili (perchè restrittivi) orari di apertura-chiusura delle Facoltà;

– chi frequenta l’Università vuole sentirsi “membro di una squadra“, possibilmente vincente, quindi bisogna lavorare su questo “spirito di corpo”;

– oggi come oggi le Università devono essere collegate, non solo nello stesso Paese, ma a livello internazionale, e non solo sulla carta;

– le tasse che si pagano sono spesso veramente “alte”, in base al valore che viene effettivamente erogato alla clientela;

– il momento della discussione della Tesi di Laurea è uno dei momenti più bramati dagli studenti, con amici e parenti al seguito, e deve quindi diventare un momento “trionfale” ed altamente esperienziale, che rimanga fortemente (e positivamente) nei cuori dei “protagonisti”, ma che sia anche capace di fare breccia su chi quel giorno assiste e basta, ma potrebbe essere il “cliente di domani”.
Diciamo chiaramente, però, che: in primo luogo, a quel giorno deve arrivare solamente chi si è impegnato a dovere, scoraggiando adeguatamente i fannulloni e chi vede nell’Università un “piacevole parcheggio”; quel giorno è giusto vivere un sogno, ma senza concepire le aule universitarie come fossero spalti dello stadio… Da questo punto di vista, purtroppo, ne vedo di ogni colore…

– ci si iscrive all’Università per acquisire competenze e professionalità, per entrare con il bagaglio culturale necessario nel mercato del lavoro.

Sotto questo profilo, troppo spesso gli Atenei si rivelano deboli e inconcludenti, a cominciare dagli stage, per continuare con Master e per finire con il job placement.

Da questo punto di vista, c’é davvero parecchio da fare ed è ora di impegnarsi tutti (docenti, imprese, istituzioni, policy maker), per creare un sistema virtuoso, partendo dal presupposto che le Università (ah, magari non una in ogni cittadina di provincia…) devono essere centri (solenni, ma moderni) di sapere, valore, valori e, in quanto tali, veri motori dei sistemi, economici e sociali, in cui sono inserite.

I have a dream…

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