Il marketing applicato al calcio: fra emozioni e protagonismo.

Ogni impresa ha una mission sul mercato: esiste per realizzare un certo percorso. Con una visione più o meno illuminata.

Oggi, da questo punto di vista, le imprese hanno uno spettro di opzioni molto più ampio rispetto al passato.

Con l’avvento dell’economia delle esperienzeun’impresa può scegliere di “essere” oltre che un produttore di beni o di servizi, anche un produttore di esperienze o addirittura di trasformazioni.

In quest’ottica, l’impresa sceglie ciò che vuole essere e si fa pagare di conseguenza, in funzione del valore che riesce a generare.

Chiaramente, ci sono settori e imprese che sono più “predisposti” a fare questo “salto” nella creazione di valore. Sono quei “prodotti” e quei business che hanno il cosiddetto “DNA esperienziale”.

Ecco un esempio particolarmente interessante: il calcio ⚽️.

Già, anche in Italia ci si sta rendendo conto che gestire una società di calcio significa gestire una vera e propria impresa, che deve soddisfare la propria “clientela” (interpretandone efficacemente bisogni e desideri, anche quelli nascosti) e fare utili.

In tutto questo, entrano in gioco molti aspetti ed una serie di considerazioni:

🔴 E’ vero che il tifoso è un cliente naturalmente fedele al ”brand” (scegliere una squadra da idolatrare è sostanzialmente per molti una “scelta di fede”), ma si pone il problema (o meglio, l’opportunità), verso quel cliente, di “estrarre” il maggior valore possibile.

🔴 Non tutti i tifosi sono uguali, quindi val la pena targettizzare, per capire se è il caso di mettere a punto politiche differenziate sui vari segmenti (es: i più giovani o le famiglie).

🔴 Il calcio è – per chi lo ama – un “momento” di evasione a forte impatto emozionale, che coinvolge tutti gli “strati sociali” (dall’operaio al top-manager). Un momento in cui ci si lascia andare e si ritorna spesso bambini o ci si immagina “campioni per un giorno”.

🔴 Il calcio è un’esperienza da gustare in vari modi (allo stadio, alla TV, in mobilità), ma ciò che rimane invariabile è che ci si vuole godere un’esperienza memorabile.

🔴 Lo stadio può essere un luogo altamente spettacolare ed esperienziale e un grande centro e collettore di intrattenimento e socialità, dove vivere momenti (anche diversificati) piacevoli con amici e con la famiglia.

🔴 Il calcio in Italia è ancora un carrozzone lento, per colpa, soprattutto, dei vari Presidenti che fino ad oggi hanno ben pensato di gestire i club non come aziende (peraltro con un importante “ruolo sociale”), bensì come proprie “creature”. In quanto tali, da coccolare come personalissimo passatempo (perdendoci un sacco di soldi, peraltro).

Le cose, però, stanno lentamente cambiando, perché si comincia a comprendere che il calcio è inserito fra i business esperienziali e che va dunque organizzato e “venduto” in quest’ottica.

Un po’ tutti i nostri club maggiori stanno cercando di seguire il modello inglese (in particolare quello del Manchester United), che da questo punto di vista fa scuola.

Cosa fare, quindi?

Mettersi realmente nella prospettiva della “produzione di esperienze” per i propri tifosi.

Capendo che nella maggior parte dei casi si tratta di persone pacifiche, che esattamente come se andassero al cinema o al bowling o ad un centro commerciale vogliono: sicurezza, divertimento, intrattenimento, pulizia, “attenzioni”.

È arrivato il momento di capire quali sono i segmenti di tifosi-clienti che assicurano i maggiori ritorni (anche in termini di immagine) e di iniziare a praticare un “sano” de-marketing verso i tifosi-non tifosi, ovvero i violenti e facinorosi.

E il de-marketing, alla fine, è una pratica più difficile concettualmente che nella pratica, altrimenti non si spiega perché gli Inglesi riescano in questo tipo di progetti.

Ed ecco che i club devono “creare” (o meglio, promuovere) una cultura dell’esperienza calcistica orientata a valori sani e al divertimento rilassato (ancorché con grande trasporto emozionale).

Bisogna dunque mettersi nella prospettiva del cliente-tifoso (distinto eventualmente in vari target) e delle esperienze complessive” che vorrebbe poter viverericostruendole ad arte.

Facendo diventare lo stadio un “tempio esperienziale”riducendo le distanze fra gli spalti ed il campo, rendendo più “palpabili” i momenti più “succulenti” delle partite (ma anche dei pre e dei post-partita).

E pensando anche al piacevole intrattenimento di chi magari non impazzisce per il “momento sportivo” in sé (ecco allora stadi completi, con tanto di centro commerciale e/o centro benessere e simili).

Da questo punto di vista, da segnalare il progetto Genoa Experience.

Non a caso, parliamo del più inglese dei nostri club

Non a caso il proprietario è il Preziosi di “Giochi Preziosi”.

Può darsi che la cultura markettara sia entrata più facilmente nel club, per contaminazione con il core business dell’imprenditore.

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4 commenti

  1. Purtroppo non riesco ad aprire il video.
    Mi intriga molto l’idea dello stadio completo di tutto, ci aggiungerei anche pizzeria, ristorante,salagiochi e “museo” dela squadra di casa, sarebbe un sogno.
    Inanzitutto l’esperienza verrebbe alargata alla famiglia (Madri e figli/e non interessati possono concedersi i propri svaghi mentre il babbo vede la partita)e si avrebbe la possibilità di accontentare tutti e tutte le esigenze:
    – si sta insieme (centro commerciale prima della partita e pizza dopo);
    – il babbo non perde la partita della sua squadra del cuore godendosela comunque come esperienza extra-famigliare (del resto la famiglia viene prima e sicuramente non solo per obbligo, però ci vuole un po’ d'”aria sportiva” senza pensare ad altro) e può fare la sua tappa “rituale” bi-settimanale al “museo”;
    – madre ed eventuali figli non si annoiano (centro benessere e salagiochi) mentre il babbo non c’è.
    Tutto questo senza contare, oltre che le famiglie, i gruppi di amici appassionati e magari con un piccolo taglio ai biglietti di tribuna e agevolazioni per gli abbonati…che opportunità, avessi uno stadio mio mi leccherei i baffi…(e me li leccherei anche da tifoso)!!!

  2. Probabilmente ci si arriverà anche da noi. E’ l’unico modo per risolvere tanti mali del nostro calcio (e un po’ anche della nostra società…)

  3. sì, è questa la strada… riporto dal sito del corriere dello sport:
    LA GARDALAND DEL PALLONE – Un nuovo stadio da 40-50.000 posti a sedere, un centro commerciale, una via di negozi, alcuni alberghi, un museo e una Gardland del pallone, una Calcioland, un parco dove i più grandi esperti del settore possano sbizzarrirsi con la fantasia. La famiglia Della Valle ha pensato forse al più ambizioso dei progetti calcistici mai realizzati in Italia. Si tratta di una “cittadella dello sport”, con un parco divertimenti dedicato interamente al gioco del calcio, che occuperà un’area da 70-90 ettari e richiederà circa 3 anni di lavori. La prima componente sarà lo stadio, poi tutto il resto… “Puntiamo a centinaia di migliaia di visitatori”, ha spiegato Diego Della Valle.

  4. E continuiamo… Sembra che i presidenti delle squadre di calcio si stiano sbizzarrendo…. Però, forse, i tifosi in questo caso esagerano, prestando il fianco (esprimendo aspettative in tal senso) ad un’iniziativa oggettivamente “singolare”: http://www.goal.com/It/Articolo.aspx?ContenutoId=902045
    Mi sembra davvero troppo e forse di cattivo gusto. In termini di marketing, ciò che è certo è che i team vanno acquisendo un “potere di marca” (in termini di identificazione della “clientela”) davvero consistente.

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