Flat food: l’era dei ristoranti in abbonamento!

Nell’era dell’innovazione continua e dello stravolgimento di schemi competitivi e di mercato consolidati, ecco arrivare anche l’abbonamento mensile per pranzi e cene al ristorante: si chiama flat food!

Già, paghi un fisso mensile, e ci vai quante volte vuoi!

Il Sole 24 Ore ne parlava qui, presentando i primi casi italiani.

Si tratta di un format decisamente stuzzicante e poco convenzionale, che nasce da un lato come risposta del settore della ristorazione alla crisi economica (che per molti rimane minacciosamente sullo sfondo) e dall’altro come riflesso della nuova configurazione della società, con molti più single e, a prescindere da questo, con un’alta propensione a consumare pasti “preparati da altri”.

Basti pensare che secondo dati della Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi (FIPE), dal 2008 al 2018 il giro d’affari dei pasti fuori casa è cresciuto quasi del 6%, ovvero quasi 5 miliardi di euro.

Ok, ma ragioniamo su un punto: chi sono gli “altri”?

Bene, possono essere:

# ristoranti, pub, wine bar e chi più ne ha più ne metta. Da questo punto di vista, negli anni sono proliferate le formule, all’insegna di una concorrenza sempre più ampia, variegata, multietnica;

# i vari operatori del food delivery, che è vero che sono tendenzialmente degli intermediari fra Schermata-2019-10-11-alle-11.41.23consumatori e le attività di cui sopra, ma che, come avevamo già detto sul Lab, si stanno organizzando anche con cucine proprie;

i vari operatori della sharing economy, che ti portano a mangiare “a casa della gente comune”.  2-sharing

In quest’ottica, quindi, una soluzione come l’abbonamento è sia un modo per rispondere a una crescente complessità competitiva e pressione concorrenziale, sia un modo per inseguire un trend e cogliere un’opportunità.

Evidentemente, chi ha lanciato in chiave esplorativa questo schema ha anche pensato che:

# esattamente come avviene con le palestre, molti di coloro che sottoscriveranno l’abbonamento (di 3certo, molti saranno ingolositi dalla prospettiva e si faranno prendere dalla curiosità, anche a prescindere da una reale esigenza) probabilmente, alla fine, non lo utilizzeranno in modo così intensivo.

Questo potrebbe rappresentare un buon cuscinetto, per i ristoratori, in termini di marginalità complessiva dell’operazione;

# questa mossa possa essere anche una “civetta” per attrarre anche altri bacini di clientela, rappresentando, di fatto, anche una mossa mediatica potenzialmente molto forte;

# in tal senso, potrebbe trattarsi anche di un’alternativa molto più interessante ai Groupon di turno (ne parlavamo qui), da cui molti si sono allontanati, quando hanno capito che non si trattava di una soluzione magica e indolore “per riempire il locale”, con profitto;

# potrebbe trattarsi di un modo per sincronizzare meglio domanda e offerta, saturando la loro capacità produttiva (a partire dal personale a libro paga) anche nei giorni più “scarichi” (nulla toglie, infatti, che l’abbonamento possa escludere i giorni più “caldi”, come nel week-end).

Chiaramente, si tratta di un meccanismo che va congegnato bene, venduto bene (anche facendo, a monte, delle scelte di segmentazione) e valorizzato rispetto al resto, per creare le opportune sinergie, ma conferma che nel marketing la creatività sia tutto e che si possa essere creativi e innovativi anche sul pricing, come raccontavamo qui.

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